La festa del perdono di Terranuova, conosciuta più comunemente come la Fiera, oggi è una delle più grandi e importanti della Toscana e anno dopo anno si ripresenta al suo appuntamento settembrino più vitale che mai.
Le radici della Fiera risalgono al periodo immediatamente successivo alla fondazione della nuova terra murata: già nel 1598
«umilmente» ma inutilmente, il consiglio comunale aveva supplicato il granduca Ferdinando I de’ Medici, perché concedesse la grazia «che si facessi una fiera l’anno…, la prima domenica fatto il Corpus Domini, e durassi dua giorni seguenti, in tutto tre giorni».
Il governo rispose categoricamente di no e giustificò il diniego asserendo che non voleva danneggiare il mercato del martedì nella vicina Figline. Il gonfalone di Terranuova riprovò a chiedere il permesso nel 1601 e nel 1607 provando a chiedere solo il sabato e la domenica e di accorpare la Fiera con la festa della Madonna di Pernina, ma in entrambi i casi, ancora una volta, il granduca negò il suo permesso. Solo con Cosimo II, e grazie all’intercessione di Concino Concini, che nel 1615 i terranuovesi ottennero il permesso di fare la loro Fiera la quarta domenica di settembre, col sabato precedente e il lunedì seguente. È invece dal 1672, con la sostituzione del martedì col sabato che la Fiera ha la sistemazione attuale nel calendario.
Perchè a Settembre
La scelta del mese di settembre, che era stata fatta quasi per caso, si rivelò presto come un’ottima idea, anche per la concomitanza della vendemmia, e la Fiera divenne nel corso degli anni un’importante piazza per le popolazioni del contado e dei paesi vicini per vendere, comprare e incontrarsi, tanto che nel 1792 e i consiglieri comunali si videro costretti ad aumentare a «quattordici de’ denari della loro comunità per mantenere la pattuglia in tempo di fiera, per evitare gli scandali e sconcerti che potessero intervenire nel gran concorso de’ popoli».
Il Perdono e la Religione
La festa del Perdono, col passare degli anni fu associata anche ad un ricco programma religioso, così come del resto accadeva in occasione delle rispettive feste del «perdono» in altri comuni toscani, anche se nella maggior parte di questi, al contrario, era stata la festività profana a inserirsi in una religiosa precedente; a Terranuova, il termine «perdono» associato a quello di «fiera» si trova nei registri dell’archivio comunale solo a partire dal 1682. Le funzioni religiose – in primis la richiesta di indulgenze, da cui deriva il nome “perdono” – furono affiancate dalla esposizione ai fedeli delle spoglie del martire San Tito, alle quali la credenza popolare attribuiva la capacità di condizionare favorevolmente gli eventi meteorologici i virtù dei raccolti dei vicini campi.
La Fiera nei secoli
La Fiera, nei secoli scorsi, era pensata come una grande piazza commerciale di animali da fattoria ricoperti da bubboli e nastri, accompagnata ad una mostra degli uccelli e da un mercato di mercerie e manifatture, vasi vinarii, terre cotte di varie specie ed altri oggetti come riferisce il soprintendente all’Ufficio Statistico del Granducato di Toscana Attilio Zuccagnini Orlandini in una cronaca di metà Ottocento. Tuttavia alla fiera non sia andava solo per commerciare e tessere accordi, ma anche per i vari “sollazzi” che vi si potevano incontrare, come le corse dei cavalli, la grande tombola in piazza, il concerto della Banda e l’immancabile spettacolo pirotecnico di chiusura.
Il Perdono oggi
Oggi il Perdono conserva molti aspetti tradizionali ereditati dal passato, come la ostentazione di San Tito, la fiera degli uccelli, i fuochi pirotecnici, il grande mercato, i caldarrostai, ma, a partire dal dopoguerra ha introdotto anche alcune novità come il luna Park, l’esposizione di prodotti e manufatti da gran parte del mondo, la rivendita di macchinari agricoli all’avanguardia. La fiera ha tuttavia mantenuto la sua caratteristica di piazza commerciale ed diventando una grande vetrina per le aziende e i commercianti del paese e del territorio con un numero medio di visitatori che si attesta intorno ai trecentomila ogni anno. Pur con molte innovazioni, inoltre essa la sua vocazione artigianale cercando di incoraggiare le esposizioni di quei lavori “da bottega” che una volta la caratterizzavano, e valorizzare le produzioni agricole tipiche.